di Marzia Marconcini
Il sovraindebitamento è definito all’art. 2 comma 1 lett. c) c.c.i. quale lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative di cui al decreto-legge 18 ottobre 2012, n.221, e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza.
La disciplina del sovraindebitamento è stata introdotta per la prima volta nel nostro ordinamento, come è noto, dalla L. 3/2012, che è stata successivamente più volte modificata nell’ambito di interventi di più ampia portata recati dalla decretazione d’urgenza, largamente utilizzata nel biennio 2020-2021 per far fronte alle gravi conseguenze derivanti dalla emergenza pandemica da Covid-19, ed è definitivamente confluita nel Codice della crisi.
La scelta del legislatore della riforma ha il merito di aver dato una veste piò organica al sovraindebitamento, qualificando anzitutto come concorsuali le diverse procedure in cui si articola, e dettandone una regolamentazione più articolata.
Tuttavia, il nuovo sistema normativo solleva dubbi interpretativi anche più rilevanti e numerosi della precedente disciplina.
In questa sede ci si soffermerà sull’atto introduttivo della liquidazione controllata.
L’articolo di riferimento è il 268 c.c.i., laddove si indica, quali soggetti legittimati a presentare la domanda, il debitore e il creditore, e che si apre con il primo comma dedicato alla domanda del debitore e prosegue con due commi regolanti la domanda presentata dal creditore.
Nel primo caso, si afferma che il debitore in stato di sovraindebitamento può domandare con ricorso al tribunale […] l’apertura di una procedura di liquidazione controllata dei suoi beni.
Al secondo comma è introdotta la domanda del creditore, che può essere presentata, anche in pendenza di procedure esecutive individuali, quando il debitore è in stato di insolvenza. Vi sono, però, due limiti: l’apertura della liquidazione controllata non può avere luogo 1. se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultante dagli atti della procedura è inferiore a cinquanta mila euro o, 2. se l’OCC, su richiesta del debitore, attesta che non è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori neppure mediante l’esercizio di azioni giudiziarie.
Un primo dubbio interpretativo riguarda, in verità, anche la domanda del debitore, e nasce da una variazione lessicale rispetto alla corrispondente disposizione del 2012: laddove nella Legge 3/2012 si afferma, all’art. 14-ter, che il debitore, in stato di sovraindebitamento […] può chiedere la liquidazione di TUTTI i suoi beni, nel primo comma dell’articolo in esame si legge un più generico richiamo ai suoi beni, lasciando pensare che attualmente ci possano essere dei beni suscettibili di produrre reddito che possono rimanere al di fuori della procedura.
Raffrontando, poi, la domanda del debitore con la domanda del creditore si vede che cambia addirittura il presupposto oggettivo: sovraindebitamento per il primo caso e insolvenza per il secondo. In altri termini, il debitore potrebbe presentare domanda, nel caso si trovi in condizione di sovraindebitamento, che, come abbiamo visto in apertura, comprende, oltre allo stato di insolvenza anche la più lieve situazione di crisi, mentre per il creditore presupposto per proporre il ricorso per sovraindebitamento del debitore è unicamente lo stato di insolvenza di quest’ultimo.
Ma l’aspetto forse più rilevante è ancora un altro: mentre il successivo art. 269 disciplina puntualmente la procedura di presentazione del ricorso all’OCC da parte del debitore e i successivi primi adempimenti dell’Organismo, niente si dice in merito alla domanda del creditore, con il che diviene legittimo chiedersi se essa debba essere presentata al tribunale o all’OCC o, anche, alternativamente ad entrambi.
Se la soluzione preferibile dovesse risultare – com’è ragionevole, dato che al primo comma, per la domanda del debitore, si dichiara espressamente che il ricorso deve essere presentato al tribunale, e tale richiamo manca del tutto nei due commi successivi – che il creditore deve presentare il ricorso per sovraindebitamento del suo debitore al tribunale, è legittimo chiedersi quale ruolo venga a svolgere in questi casi l’OCC.
Qualora la domanda sia presentata dal debitore la procedura si articola in due fasi, nella prima delle quali ruolo centrale è svolto dall’OCC, mentre l’intervento del tribunale segna il passaggio dalla prima alla seconda fase.
Nell’ipotesi in cui, invece, si accetti l’interpretazione per cui il creditore presenta il ricorso direttamente al tribunale, l’OCC viene ad avere un ruolo solo eventuale all’interno della procedura.
In più, mentre, nel caso della domanda presentata dal debitore, è lo stesso legislatore, all’art. 269, a prevedere come obbligatoria il suo deposito presso l’OCC, con conseguente liquidazione del compenso da parte del tribunale in sede di omologa, se la domanda è presentata dal creditore, la presenza d’OCC nella procedura diviene solo eventuale, con conseguenti forti dubbi, in caso di partecipazione del medesimo alla procedura, di chi, tra il debitore e il creditore, debba farsi carico della corresponsione del compenso.
Senza un nuovo intervento del regolatore che faccia chiarezza su questi aspetti, sarà inevitabilmente rimesso agli interpreti e alla conseguente prassi applicativa il compito di fare chiarezza su questi aspetti di non scarsa importanza.