di Marzia Marconcini
La liquidazione controllata è una delle procedure previste dal Codice della crisi d’impresa – già in precedenza disciplinate dalla L. 3/2012 – per la gestione della crisi da sovraindebitamento.
Alla procedura di liquidazione controllata possono accedere tutte le tipologie di debitori elencati all’art. 2 comma 1 lett. c) c.c.i.: consumatori, professionisti, imprenditori minori (sono imprenditori minori gli imprenditori che presentano congiuntamente tre requisiti: 1. un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a trecentomila euro nei tre esercizi che precedono la data di deposito dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, 2. ricavi di ammontare complessivo annuo non superiore a duecentomila euro nei tre esercizi che precedono la data di deposito dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, 3. un ammontare di debiti, anche non scaduti, non superiore a cinquecentomila euro), imprenditori agricoli, start-up innovative e ogni altro debitore non assoggettabile a liquidazione giudiziale, liquidazione coatta amministrativa o altre procedure liquidatorie.
La procedura da sovraindebitamento della liquidazione controllata si articola in due fasi: una prima fase in cui la domanda, sottoforma di ricorso, viene presentata all’Organismo di Composizione della Crisi-OCC, una seconda fase in cui la domanda viene depositata in tribunale.
Il ricorso può essere presentato dal debitore o da un creditore, in quest’ultimo caso sempre che all’apertura della procedura l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dall’istruttoria è non inferiore a cinquantamila euro o l’OCC, su richiesta del debitore, non attesti che non è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori.
L’art. 269 disciplina, in particolare, l’ipotesi in cui la domanda sia presentata dal debitore.
L’articolo si apre con la disposizione di cui al primo comma: Il ricorso può essere presentato personalmente dal debitore, con l’assistenza dell’OCC.
Ci si può chiedere, di fronte a tale laconica affermazione, se in questa fase sia consentita l’assistenza del legale.
In effetti la domanda non è peregrina, dal momento che la modulistica predisposta da molti OCC presenta soltanto lo spazio dedicato alla compilazione da parte del debitore, senza che alcun ulteriore spazio sia lasciato per l’indicazione del legale.
Sul punto è intervenuto il Tribunale di Grosseto, con sentenza del 19 settembre 2022, in cui si legge: In caso di ricorso per l’omologazione del piano del consumatore disciplinato dal Codice della crisi di impresa è inammissibile il ricorso depositato dal solo legale del sovraindebitato, sussistendo unicamente la legittimazione dell’Organismo di composizione della crisi sia alla luce del dettato dell’art. 68, che dispone che “la domanda deve essere presentata al giudice tramite un OCC costituito nel circondario del tribunale competente ai sensi dell’art. 27, comma 2”, sia in base alla considerazione che la stessa norma prevede un’unica modalità alternativa di deposito della domanda – tramite un professionista o una società di professionisti aventi i requisiti di cui all’art. 358 CC.II. e nominati dal presidente del Tribunale – nella sola ipotesi in cui nel circondario del Tribunale non sia costituito un OCC, ribadendo in tal modo che la proposta non può in alcun caso essere presentata direttamente dal consumatore o dal suo legale.
Rilevato che, nel caso di specie, la domanda è stata presentata dal procuratore del consumatore, […], e non dall’OCC; PQM Dichiara l’inammissibilità del piano del consumatore proposto nell’interesse di […] con ricorso depositato il 14.09.2022.
La disposizione di riferimento, nel caso di specie, è contenuta nell’art. 67 c.c.i., dove si legge testualmente: Il consumatore sovraindebitato, con l’ausilio dell’OCC, può proporre ai creditori un paino di ristrutturazione dei debiti […].
Per identità terminologia, ancor prima che di contenuto, si può senz’altro ritenere che il ragionamento seguito dal Tribunale di Grosseto sia riferibile anche alla fattispecie di cui all’art. 269 c.c.i.
Tuttavia, in questa prima fase applicativa non mancano interpreti che ritengono ammissibile la domanda di liquidazione controllata presentata dal legale del debitore.
Secondo tale interpretazione la sentenza sopra sinteticamente riportata sarebbe, perciò, impugnabile.
È evidente, quindi, che siamo di fronte ad una delle, per la verità non poche, fattispecie del Codice della crisi che apre dubbi interpretativi destinati a essere rimessi all’interpretazione giurispeudenziale.